Varcando il cancello aperto sulla strada di penetrazione agraria vediamo Fulvio che ci aspetta sorridente sulla sommità di una collina del suo podere.
Ci introduce subito alla sua azienda, precedendoci, attraverso la lieve spianata dove ha costruito una piccola casa per la sua famiglia.
Scendendo lungo l’inclinazione del terreno ci troviamo di fronte alla bassa costruzione dai colori neutri che si articola negli spazi aperti tra il giovane oliveto e la macchia arrampicata sugli ondulati rilievi retrostanti: piccoli, ma ariosi gli appartamenti per gli ospiti fortunati, che scelgono di trascorrere le vacanze in questa dimensione di serenità situata tra il mare e le colline costiere inondate di luci e profumi di mare; di essenze e di colori mediterranei.
C’è una geometria opportunamente minimizzata ed una composta volumetria nelle strutture destinate all’accoglienza in questa calda terra ricoperta di boscaglie e oliveti, cotogneti e arbusti della macchia costiera e, alla base, prati erbosi e spazi liberi destinati agli animali da cortile.
Nulla sembra alterare l’equilibrio naturale delle forme e non ci sono sproporzioni tra le piante della macchia mediterranea e gli edifici. Gli animali da cortile circolano liberamente nella radura sotto l’oliveto, tra il canneto dell’impianto di fitodepurazione e gli arbusti del lentisco. Un ciclo biologico completo dove l’opera dell’uomo si inserisce armoniosamente senza impatto.
Fulvio ci racconta che, di comune accordo, lui ed Emma, sua moglie, hanno deciso di cambiare la loro vita e di dedicarsi ad un’ attività a contatto con la natura e nel rispetto dell’ordine naturale del territorio. Emma bolognese, specializzata in scienze forestali, lui studente di architettura a Firenze, ma nato e cresciuto in Sardegna, da tempo pensavano di lasciare la città per stabilirsi in campagna; hanno accarezzato questo sogno a lungo. Fino a quando, una decina di anni fa, dopo accurate ricerche, sono approdati su questi terreni denominati ” S’Arxola ’e Sirboni, che in lingua sarda significa ”luogo popolato da cinghiali”- Infatti, racconta Fulvio: «In passato le colline sulle quali si estende il podere erano ricoperte da fitti boschi di querce (querce da sughero e lecci delle cui bacche si nutre il cinghiale), che nel secolo scorso, in parte, è andato distrutto e che oggi si cerca di reintegrare» .
Questo luogo infine, appare così corrispondente alle loro aspirazioni che decidono di acquistarlo. Il loro sogno era quello di creare un’azienda agrituristica biologica e di organizzare delle attività economiche a impatto zero, basate sulla utilizzazione delle risorse provenienti soprattutto dalla vegetazione mediterranea spontanea.
Immediatamente hanno dotato il podere di un impianto fotovoltaico per la produzione dell’energia solare in modo da rendere l’azienda auto-sufficiente dal punto di vista energetico. Durante i periodi di soleggiamento l’impianto produce una quantità d’energia superiore alle necessità dei due edifici e delle attrezzature elettriche utilizzate per le attività in azienda, tant’è che, con la parte eccedente si possono caricare delle batterie che accumulano l’energia necessaria per i periodi di scarso soleggiamento. Siccome quest’azienda non è collegata all’Enel, la famiglia, cerca di vivere adeguando i ritmi della propria vita all’alternanza stagionale, prestando massima attenzione a regolare l’utilizzazione degli elettrodomestici in base alle scorte energetiche a disposizione e cercando di razionalizzare il consumo, in modo da avere a disposizione l’energia sufficiente al fabbisogno in tutti i periodi dell’anno.
Il progetto, in gran parte realizzato da Fulvio e da sua moglie, è quello di ricostituire le specie della macchia mediterranea, laddove risultano degratate o assenti, per svolgere delle attività economiche basate sull’utilizzazione tradizionale dei frutti e delle essenze estraibili dalle piante, adeguando le attività stesse ai ritmi biologici e stagionali specifici di ciascuna pianta.
L’azienda si avvale di un particolare impianto di raccolta e riciclaggio delle acque nere. Non c’è un impianto fognario o una fossa collegata a impianti di smaltimento tradizionali, ma un semplice canneto che funge da impianto fitodepuratore. E’ un sistema, a dir poco straordinario, che si basa sulle sole strategie della natura. E’ incredibile che basti un canneto a depurare gli scarichi della struttura ricettiva (che soprattutto in estate è occupata da un certo numero di ospiti) e della casa abitata dalla famiglia, eppure la spiegazione è semplice.
Fulvio ci spiega che è stato praticato uno scavo nel terreno per creare il bacino di raccolta delle acque nere. Questo è stato opportunamente impermeabilizzato e richiuso con della ghiaia fine. Lo strato della ghiaia funge da substrato sul quale è stato piantato un fitto canneto di canne canadesi.
Queste sono delle speciali piante che svolgono la loro funzione depuratrice sviluppando un apparato radicale che si alimenta attraverso la scomposizione delle parti solide dei rifiuti raccolti nella fossa e l’ assorbimento delle sole parti liquide. Queste, seguendo i vasi linfatici vengono filtrate e restituite alla terra depurate. Le canne attraverso un processo di filtraggio depurativo dei liquidi assimilati restituicono acqua potabile che si raccoglie in un serbatoio poco lontano e da qui viene convogliata nell’impianto idrico.
Nell’azienda sono presenti dei mirteti da cui trarre consistenti quantitativi di bacche necessarie alla produzione del tradizionale liquore e numerosi arbusti di lentisco, il cui sviluppo è seguito con particolare attenzione da Fulvio in quanto intende estrarre da questi il ricercato olio.
Quest’umile arbusto, presenza costante nei paesaggi costieri del bacino mediterraneo, è stato partecipe del cammino dell’uomo che, nel lentisco, in passato ha trovato una risorsa alimentare, medicamentosa e utile alle più svariate attività produttive. L’olio estratto dalle sue bacche, in passato era considerato “l’olio dei poveri” perché chi non possedeva oliveti propri, si ingegnava nella raccolta dei frutti di lentisco, evidentemente oleosi, consistenti in piccole drupe sferiche che giungono a piena maturazione a inverno inoltrato, diventando di colore blu.
Oggi la pianta è utilizzata per molteplici scopi, ad esempio se ne ricava l’olio essenziale di lentisco, impiegato in profumeria e nella medicina tradizionale.
Nell’azienda sono presenti allevamenti di animali da cortile come galline, tacchini, oche e anatre che razzolano liberamente nella radura e sotto le fronde degli ulivi. Questi animali producono le quantità di carne e di uova sufficienti a soddisfare i bisogni della famiglia e degli ospiti dell’agriturismo.
Non mancano neanche le arnie in questa azienda biologica. Fulvio estrae una parte del miele in autunno, lasciando quella quantità di materia prima necessaria alla sopravvivenza delle api stesse durante l’inverno. Mentre beviamo le parole attraverso le quali Fulvio ci trasmette una serie di conoscenze sulla conduzione di un’azienda eco-sostenibile come questa, accettiamo di chiudere questo incontro con un caffè preparato da lui e senza renderci conto il tempo è passato…eravamo ormai immersi in questo clima di totale serenità ed è difficile ripartire.