Siamo arrivati a Gonnosfanadiga, la così detta città del pane, dove appunto il pane risulta essere uno dei prodotti leader di questo paesino del Medio Campidano e ci siamo diretti in uno dei migliori panifici della zona, il “Panificio Porta”, per poter conoscere la storia del pane, legata alle più antiche tradizioni della cultura sarda. L’azienda Porta racconta la storia di una famiglia che comincia a porre le basi dell’attività nel 1918, con “Nonna Chiara” che da sempre preparava il pane per la sua famiglia e per i vicini. Da allora, tanta strada è stata fatta ed oggi, grazie all’impegno, al sacrificio e alla passione per questo lavoro che il Panificio Pasticceria Porta è diventato un punto di riferimento in Sardegna nella valorizzazione dell’arte della panificazione. Nel 2007, il Panificio Porta, apre le porte dei suoi laboratori per creare un vero e proprio “laboratorio didattico sul pane”, dando l’opportunità ai bambini ma anche agli adulti, di far conoscere la lavorazione del pane ed al tempo stesso il valore di questo prodotto così genuino.
L’obiettivo primario di questi percorsi didattici è coinvolgere a tutto tondo il fruitore, accompagnandolo in ogni fase di preparazione: (macinazione del grano Cappelli, setacciatura, impasto con il lievito madre ed infine, lavorazione).
Anche noi siamo stati invitati ad entrare nel laboratorio di quest’azienda, dove avevano allestito una meravigliosa tavola con un’esposizione di tutte le tipologie di pane più tradizionali tra cui: moddizzosu a lievitazione naturale, kokkoi , kokkoi artistico e civraxiu, a cui avevano accostato un’antica macina in pietra ed anche tutte le materie prime utili per la panificazione come, la farina, la semola, il grano “Cappelli” ed il lievito madre.
Il lievito naturale comprende, tra i lieviti, diverse specie di batteri lattici eterofermentanti ed omofermentanti del genere Lactobacillus. La fermentazione dei batteri lattici produce acidi organici e consente inoltre una maggiore crescita del prodotto e una maggiore digeribilità e conservabilità. Le peculiari caratteristiche organolettiche, reologiche e fermentative dei lieviti naturali variano in relazione all’area geografica di provenienza, al meccanismo di produzione, a fattori casuali e all’affinamento attuato dal panificatore; possono essere modificate variando i parametri ambientali come temperatura e umidità, o quelli propri dell’impasto come il tasso d’idratazione o il tipo di farina.
Il lievito di birra ha un solo microorganismo e quest’ enzima trasforma l’acido lattico in anidride carbonica, gonfiando l’impasto in breve tempo. Il lievito naturale, non ha un solo microrganismo ma è costituito da migliaia di enzimi che trasformano l’impasto (compreso il glutine) molto più lentamente. Proprio la lunga lievitazione, permette all’impasto di crescere naturalmente senza forzature per cui, il profumo, la fragranza e la conservazione del pane dipendono molto dal lievito utilizzato.
Un’altra caratteristica del lievito madre è quella di dover essere “rinnovato” ogni giorno, cioè, una volta utilizzato per la panificazione, ne viene conservata una parte per la panificazione successiva. In sostanza i microrganismi presenti vengono tenuti in vita “rinfrescandoli” quindi, dandogli il nutrimento di cui hanno bisogno e cioè “il cibo” costituito dalla semola , dandogli da “bere” quindi l’acqua ed “ossigenandoli” attraverso la lavorazione dell’impasto.
La cosa straordinaria è che il lievito madre utilizzato dal Panificio Porta, ha un ceppo antichissimo risalente almeno a 70 anni fa; è stato rinnovato di generazione in generazione e tutt’ora viene ancora rinfrescato per la panificazione.
Nei laboratori Porta, insegnano anche ad usare i cinque sensi per aiutare le persone a riconoscere il pane fatto con il lievito madre, da quello fatto con il lievito di birra. Per esempio, è possibile riconoscere un pane fatto con il lievito naturale, dal suono che si sente battendolo con la mano, si potrebbe quasi dire, “udire la qualità del pane” perché sostanzialmente la lievitazione naturale permette, durante la cottura, la creazione di aria. Ad esempio, il “moddizosu”, quando esce dal forno e lo si batte con la mano, siccome all’interno ha degli spazi vuoti, emette un suono simile al tamburo il che è sinonimo di lievitazione naturale. Osservandolo all’interno, si può constatare la colorazione giallo paglierino caratteristica della semola, un’alveolatura uniforme ed una consistenza umida ma non collosa; anche il profumo acìdulo e di cereali ci da le indicazioni di lievitazione naturale. Quindi attraverso questa esperienza sensoriale, si può davvero capire se il pane è stato fatto naturalmente, secondo la tradizione sarda.
Questo prezioso alimento, racchiude in un certo senso, la storia della Sardegna.
Secondo il Sig. Riccardo: “Ogni pane in Sardegna, veniva fatto in base alle esigenze di consumo; per esempio il pane a pasta soffice della zona del basso Campidano era il pane del contadino perché l’esigenza era quella di conservarlo un paio di giorni; invece il pane carasau è tipico del nuorese, perché lì, per la maggior parte erano pastori o restavano tanto tempo fuori da casa quindi avevano bisogno di un tipo di pane che avesse una durata più lunga, anche un mese, un mese e mezzo. Poi c’è la parte dell’Ogliastra dove fanno un particolare pane con le patate, perché in quella zona della Sardegna si coltivano le patate; c’è anche il pane di Carloforte costituito da gallette, denominato “ il pane del marinaio”, perché veniva usato dai marinai durante le lunghe navigazioni; le gallette, venivano immerse nell’acqua e poi condite con olio, aceto pomodori e tonno sotto sale; poi ci sono le spianatine che sono un tipico di pane della zona di Sassari, Ozieri”.
Dunque ad ogni zona della Sardegna corrisponde una peculiare tipologia di pane, legata alla tradizione di ciascun luogo.
Per noi è stato molto interessante riscoprire, insieme al sig. Riccardo, non soltanto i segreti della lavorazione del pane ma soprattutto la simbologia di questo alimento, divenuto così importante per la tradizione culturale sarda, al punto tale da essere impiegato nelle varie cerimonie religiose in segno di buon auspicio.
Abbiamo conosciuto la storia di un panificio, o meglio, la storia della famiglia Porta che attraverso l’esperienza dei suoi avi e le capacità acquisite col tempo è riuscita a mettersi in gioco e a migliorarsi, valorizzando al tempo stesso le proprie tradizioni.
Ringraziamo la famiglia Porta per averci insegnato ad apprezzare ancora meglio le radici profonde di un alimento sano e genuino come il pane sardo.
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