Siamo andati a Scano Montiferro, un piccolo paese situato in montagna a sud di Bosa, per incontrare Salvatore Murtas e conoscere la sua «patata ‘e moru». Salvatore, un uomo ottantenne molto aperto e disponibile, vive con sua moglie in una casa che ha costruito con le sue mani. Quando siamo arrivati, ci hanno subito invitati ad entrare e Salvatore ha cominciato a raccontarci della sua vita.
Attraverso i suoi racconti ci sembrava quasi di rivivere quelle storie, ci parlava di quando era bambino, di suo padre che era un contadino e con suoi figli, Salvatore e Francesco, coltivava la terra con sa patata ‘e moru – (la patata portata dai mori). In realtà, quest’antico tubero, è stato importato dall’America del Sud almeno 100 anni fa e viene coltivato ancora in Perù e Bolivia. E’ un tubero scuro dalle strane forme, è viola dentro e non ha una gran resa ma è molto ricca di antiossidanti, ovvero di quelle sostanze anti-cancro contenute nei mirtilli e in generale in tutti gli alimenti vegetali dal colore blu-violaceo, capaci di contrastare l’azione dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare. “Sono buone per fare gli gnocchi, i ravioli –racconta Salvatore- ma soprattutto arrostite poiché la buccia è molto sottile, quindi bisogna solo lavarle e metterle nel forno”. Nonostante le molteplici virtù di questa patata dal cuore viola, purtroppo, risulta quasi sconosciuta nel resto della Sardegna ed io credo che la ragione principale sia da ricercare proprio nel basso rendimento di questo tubero.
Durante gli anni 50, a causa dei tempi duri, Salvatore è costretto ad emigrare in Venezuela per lavorare; rimane qui ben 8 anni, diventa operaio specializzato lavorando sulle piattaforme nell’oceano per l’estrazione del petrolio, poi si sposta, lavora in una fonderia nella Svizzera tedesca e di tanto in tanto torna a Scano Montiferro. Durante uno dei rientri a casa incontra Maria, la donna che diventerà sua moglie, insieme rimarranno in Svizzera per qualche tempo, fino a quando, dopo 16 anni trascorsi all’estero, Salvatore decide di tornare nella sua terra d’origine e di ricominciare a fare quello che faceva con suo padre e suo fratello a Montiferro dove abita ormai da più di 40 anni. Quando è ritornato nel ‘71 ha ricominciato a coltivare la sua terra con i semi tramandati di generazione in generazione ed è così che ha continuato a portare avanti una tradizione antica della storia del suo paese – “ho chiesto ad una persona che coltivava queste patate, di darmene un pochettino e da allora non ho mai smesso di coltivarla”. Bisogna aspettare il momento giusto per la semina che avviene in generale a marzo, mentre la raccolta ha luogo in agosto. Salvatore ci dice anche che non tutti i terreni sono favorevoli per la coltivazione della patata viola – “ vuole il terreno di montagna e che sia morbido, non vuole un terreno duro”.
È importante mantenere la tradizione per Salvatore infatti, oltre alle patate viola coltiva anche Pascale Nieddu e Pascale Biancu, vitigni antichi che nessuno coltiva più ed è per questo che io lo considero veramente un custode di antichi tesori della terra.
Fortunatamente, l’Agenzia regionale sarda denominata LAORE, che si occupa di attuare programmi in campo agricolo e per lo sviluppo rurale del territorio, organizza ogni anno dei corsi in tutta la Sardegna e proprio a Scano Montiferro, un gruppo di giovani che ha preso parte a questi corsi, ha costituito una cooperativa agricola con l’intenzione di continuare il lavoro di Salvatore. Gli ha dato i semi e adesso anche loro coltivano sa patata ‘e moru e i vitigni Pascale Nieddu e Pascale Biancu, fanno anche alcuni innesti di frutta come di pere e di mele; Spero veramente che non rinuncino a portare avanti queste antiche tradizioni e che diffondano le sementi anche agli altri contadini in tutta la Sardegna.
Dopo la nostra visita nella loro casa, Salvatore ci ha mostrato la sua cantina ma sarebbe più corretto chiamarla laboratorio d’arte poiché Salvatore è anche un’artista e durante l’inverno ama trascorrere le sue giornate nella sua bottega, dove crea delle vere e proprie scultore di sughero. Riproduce modelli di nuraghi, contenitori, giocattoli, utensili da cucina insomma oggetti d’uso comune, utilizzando fedelmente i suoi attrezzi da lavoro e il sughero.
Mentre stavamo per andare via, la signora Maria ci ha mostrato una selezione di fagioli e legumi vari che conservano per la futura semina, ma anche aglio, cipolle, pomodori, patate sarde dalla buccia rossa, insomma tutti i prodotti genuini della loro terra; inoltre, abbiamo visto un tipo di pomodoro molto rustico e molto differente dai pomodori comuni che la signora Maria, dopo averli lasciati essiccare, conserva al buio, riponendoli in barattoli di vetro sotto sale. In ultimo ci ha mostrato il “Casizolu”, famoso formaggio a pasta filata tipico del Montiferru, dalla caratteristica forma a pera, prodotto con il latte delle vacche di razza sardo-modicana ( bue rosso), allevate tutto l’anno allo stato brado.
Abbiamo passato una piacevole mattinata in compagnia di questa famiglia ed è stato un vero piacere conoscere delle persone così aperte e gentili come il signor Salvatore e la signora Maria.
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