Vicino al paesino di “La Torba”, parallelamente alla Marina di Capalbio, si estende l’azienda agricola e l’agriturismo di Pellegrini Mauro
Questa azienda rappresenta una parte dell’originario latifondo appartenente nei primi anni del secolo scorso ad una ricca famiglia delle Maremme (siamo al confine tra la maremma grossetana e quella laziale). L’attuale proprietà, che rappresenta solo una parte del latifondo originario, è stata ricostituita attraverso successivi acquisti fatti dalla famiglia di Mauro negli ultimi decenni del secolo scorso.
Dopo una serie di interventi di bonifica del territorio, a partire dagli anni 40/50, il latifondo preesistente, veniva diviso per effetto del nuovo assetto fondiario, in lotti da 10/12 Ettari ciascuno, dotati di canali di drenaggio, di strade di penetrazione agraria e di case coloniche.
Ciascun lotto veniva assegnato a singole famiglie dei contadini che vi lavoravano già per produrre, attraverso i contratti di mezzadria, sia per il fabbisogno familiare, ma anche per attribuire la metà del raccolto ai proprietari, senza entrare mai nel pieno possesso del fondo.
Quei terreni che fino ad allora erano stati in parte ricoperti da specchi di acqua stagnante (le paludi maremmane), e in parte coltivati, venivano strappati così ad un ecosistema specifico, che è quello paludoso, per essere conquistati alla coltivazione e destinati a far lavorare di braccia i contadini che sarebbero (riscattando gradualmente il fondo), divenuti i nuovi proprietari.
Molti di loro sono riusciti a continuare nella tradizione, coltivando il fondo e riuscendo ad inserire i loro prodotti nel mercato, altri riconvertendo le strutture, in passato destinate alle attività agricole, in ambienti restaurati ed adattati alla ricezione turistica e contemporaneamente specializzandosi in alcune colture adatte al tipo di terreno e più facilmente commerciabili. Altri ancora hanno venduto i loro fondi dedicandosi piuttosto ad altre attività.
L’azienda di Mauro è una di quelle che oltre a continuare, in parte, lungo scia della tradizione con il suo migliaio di piante di olivi e la coltivazione ortofrutticola, l’allevamento di alcune decine di mucche e la vigna, ha, al tempo stesso, ricercato di introdurre un prodotto che trova in questo terreno il suo ambiente ottimale e gli elementi nutritivi adatti alla crescita e allo sviluppo: è la cipolla dorata.
Un prodotto che Mauro coltiva, seleziona e vende nel mercato locale abbastanza facilmente.
Il nome di questa azienda, “Monte Alzato”, viene dalla omonima collina che si può vedere immediatamente, entrando nel podere, ergersi con i suoi dolci profili sui confini a nord. Le spiagge più belle della Maremma sono invece a pochi minuti di bici e si possono raggiungere lungo le pianeggianti e dritte strade della bonifica agraria, piacevolmente e facilmente percorribili.
Le colline ricoperte dalla macchia mediterranea costituiscono una naturale barriera contro i venti freddi provenienti da nord-est e allo stesso tempo con le loro modeste altitudini, contornano in un abbraccio il manto vegetativo della pianura che si presenta come una scacchiera di vigneti, uliveti e di piccoli orti.
Nel 1920 dunque c’era ancora una estensione di terra che andava dalle colline retrostanti fino al litorale tirrenico che apparteneva ad un unico proprietario.
Questi luoghi, che da sempre erano stati percorsi dalla famosa strada romana, la Via Aurelia che fin dal 3° secolo a.C. collegava la sede dell’impero con le province conquistate dall’impero verso nord e che aveva visto il passaggio di tante culture diverse e di tanti eventi storici, erano destinati alle colture dilla vite e dell’ulivo, dei cereali e dei legumi, quanto agli impianti ortofrutticoli già dal periodo etrusco-romano.
Quindi si trattava, e ancora oggi si tratta, di un territorio con vocazione multiculturale, ma dai contorni collinari boscati e pertanto, era ed è un territorio adatto anche al pascolo e alla riproduzione di bestiame di allevamento, nonché habitat ideale per la tipica fauna selvatica (cinghiali, caprioli etc…)
Tutta la parte pianeggiante che era, sicuramente fin dai tempi della romanizzazione molto fertile, tant’è che i Romani che colonizzarono questo territorio a partire dal 3° sec. a C. la chiamarono “Valle d’oro” ancora oggi è intensamente coltivata.
Si tratta infatti di una valle fertilissima, il cui suolo, attraverso migliaia di anni ha visto tutte le fasi delle trasformazioni naturali della linea di costa dovute, in parte, a formarsi graduale ed irregolare (per via dei detriti trasportati dai fiumi e dalle acque di superficie), delle pianure alluvionali e, in parte, ai depositi marini che sedimentano lungo le fasce costiere e che, via via si allungano lasciando ancora penetrare il mare per formare lagune e paludi, ancora oggi racchiude tutte le caratteristiche, la composizione ed i minerali utili alle colture.
Terra ricca di vicissitudini geologiche, ma anche storiche
Qui vicino all’azienda di Mauro si possono infatti vedere le rovine delle grandi ville romane (Villa Settefinestre) dalle quali si controllavano e per mezzo delle quali, i coloni romani gestivano i latifondi delle aristocrazie imperiali, fin dal 1° secolo a.C. e ancora, ma sempre meno efficacemente, nel 3° e 4° sec. d.C. e fino al periodo della totale decadenza dell’impero romano, quando ormai le valli erano già in gran parte finite al di sotto del livello del mare e ricominciavano a formarsi le paludi che, sia i romani stessi che gli etruschi che li avevano preceduti, fino ad allora avevano tenuto sotto controllo con le loro opere di avanzata ingegneria idraulica che realizzava canali di drenaggio e i continui interventi di livellamento dei campi attuati con riporti di terra e colmate dei dislivelli effettuati dai contadini di ogni periodo.
Il latifondo che aveva resistito fino agli anni 50 consisteva in una estensione di terra di oltre 2000 ettari, grazie al lavoro di centinaia di braccianti agricoli, comprendeva i rilievi di Monte Alzato e tutto il litorale di là della linea ferroviaria, includendo il litorale tirrenico.
Fortunatamente, ci sono anche le sorgenti che permettevano, intubando l’acqua e costituendo impianti di irrigazione, di avere l’acqua necessaria per le colture, che in questa zona soggetta a periodi di scarsa piovosità, attraversano momenti critici durante il loro sviluppo. Ancora oggi ci sono i laghetti naturali e le sorgenti da cui l’acqua fluisce per tutta la valle
Mauro Pellegrini aveva già raccolto la cipolla dorata quando siamo arrivati e aveva già cominciato la selezione dividendole per dimensioni.
La dimensione più grande (si tratta comunque di una cipolla di dimensioni abbastanza contenute), è la più richiesta dal mercato locale e viene venduta a Capalbio e nei comuni limitrofi, nei supermercati e nell’industria alimentare. Comunque anche le cipolle di più piccole dimensioni possono essere commercializzate al minuto, presso singoli ristoratori e altri clienti che non siano i supermercati. I semi delle cipolle do devono essere acquistati dalle grandi aziende che ottimizzandone la qualità riescono ad avere il sotto controllo tutta la produzione e quindi possono stabilire i prezzi. Dunque si tratta di semi che raggiungono prezzi abbastanza alti.
Oltre alla coltivazione delle cipolle dorate, qui si coltivavano i legumi, ma soprattutto il grano duro che veniva originariamente portato dal Medio-Oriente dai romani.
Il grano viene venduto ad consorzio che a sua volta rifornisce diversi produttori e fra questi anche all’industria della pasta “Ghigi”. Si usano i semi originari. E’ il grano nazionale che è stato ultimamente reintrodotto e viene esaltato dai consumatori. Fortunatamente, è possibile per i contadini tenere una parte della raccolta del grano duro come semi per la prossima seminazione. Inoltre, si coltivano l’orzo e il favino. Si fa anche la rotazione agraria da cui si trae il fieno per le mucche tra aprile e maggio ed il trifoglio ad agosto. La concimazione si effettua in primavera.
La paglia della produzione del grano viene venduta all’industria che a sua volta la utilizza creando delle balle che possono essere utilizzate nelle aziende dove si coltivano i funghi.
Questa azienda ha circa 1000 ulivi. Si raccolgono molto presto le olive, per evitare che vengano attaccate dalla la mosca olearia che costituisce un grande problema. Dopo il 15 luglio, quando le temperature raggiungono i più alti indici, si raccolgono decine di campioni di olive per essere poi sottoposte all’analisi (circa 100 olive vengono raccolte e mandate ai laboratori che le analizzano). Se si trovano le uova della mosca olearia in misura diffusa, si procede al dovuto trattamento che può protrarsi per un mese perché se la mosca olearia attacca più di 20% delle olive, non si possono più raccogliere e tutto il raccolto è distrutto. Invece, con il trattamento si può limitare il danno e quindi le olive sane possono essere raccolte mandate a un frantoio dove vengono trasformate in olio d’oliva, e l’olio della Toscana è molto apprezzato sul mercato.
Per assistere allo spettacolo delle mandrie di mucche e cavalli maremmani, Mauro ci ha accompagnato in macchina fino ai terreni oltre la S.S. Aurelia dove gli animali liberamente pascolavano in un terreno pianeggiante tra la spiaggia tirrenica e la strada ferrata. Questa parte dell’antico latifondo era stata acquistata dalla società Sagra che qui mantiene il bestiame allo stato brado.
La struttura agrituristica di Mauro è molto popolare tra i turisti perché coniuga la caratteristica della vicinanza delle spiagge e del mare con le più antiche tradizioni agricole e zootecniche dentro spazi facilmente percorribili e che offrono uno spettacolo integrale dei paesaggi sui quali persistono le attività produttive tipiche della Maremma più autentica.