La Tenuta di Marsiliana si estende al di sotto del colle sul quale si erge l’omonimo Castello che domina l’intera vallata racchiusa tra il rilievo su cui da secoli vigila lo storico edificio appartenente attualmente alla famiglia Corsini, il Parco Naturale della Maremma e le colline di Sant’Angelo. Si può dire che, da sempre, questa collina ha svolto una funzione di postazione di controllo del territorio sottostante e soprattutto del fiume Albegna che doveva rappresentare, in questo punto, un guado obbligato per chi transitava da una sponda all’altra del corso d’acqua. Poiché nei terreni intorno sono state trovate diverse tombe, sembrerebbe proprio questo il luogo dove gli Etruschi avrebbero fondato Caletra, una importantissima città –emporio dove si realizzava lo scambio delle merci provenienti da tutti i porti etruschi lungo la costa e che i romani, all’atto della conquista chiamarono Agro Caletrano, in onore forse al nome della città conquistata. Poi durante i primi secoli del Medioevo, sorgeva un monastero che rappresentava una delle tappe obbligate per i pellegrini che volendo raggiungere Roma, avessero voluto rifocillarsi e riposare prima di proseguire il loro cammino verso la “Città Eterna”.
La Fattoria di Marsiliana, situata ancora oggi sulla sommità della collina che sovrasta il borgo, sorse come castello nel corso del XII secolo. Fu sotto la dominazione, prima dei conti Aldobrandeschi, poi della città di Siena e, a partire dal 1557, dopo la disfatta ed il ritiro dei Senesi, in virtù del trattato stipulato tra Filippo II re di Spagna e Cosimo I dei Medici, il castello entra nell’orbita politica del Ducato di Toscana, e infine, Durante la dominazione spagnola, dal 1559 al 1713 il castello rappresentava un fondamentale punto di avvistamento e di difesa dell’accesso al territorio dello Stato dei Reali Presidi Spagnoli, il cui Governatorato trovava sede a Orbetello .
La storia dei luoghi parla, tra gli altri eventi che interessano il castello, della celebrazione, nel 1550 di un matrimonio tra rampolli, discendenti, da una parte, del re spagnolo Filippo II e dall’altro, della famiglia dei Medici che governava, in quei secoli, il Granducato in Toscana.
Per i successivi 200 anni non si ha nessuna precisa notizia di avvenimenti verificatisi in questi luoghi, i quali passano ai principi Corsini di Firenze nel XVIII secolo. Questi la trasformeranno in fattoria fortificata a partire dal XIX secolo.
E’ del 1868, invece, il documento contenente l’accordo sottoscritto tra la banca Monte dei Paschi di Siena e la famiglia Corsini che gestiva la tenuta, ormai da 3 generazioni. In base a tale accordo la proprietà di tutte le terre pertinenti al castello passava interamente alla famiglia Corsini.
Il latifondo dei Principi Corsini, durante gli anni 50 viene ridotto considerevolmente attraverso l’espropriazione di grandi estensioni coltivabili da parte dello Stato che doveva avviare il piano di Riforma Agraria che prevedeva, appunto, l’esproprio, il riassetto agrario da realizzare per mezzo di divisione delle terre in lotti di 8-20 ettari; la costruzione delle case e l’assegnazione conseguente ai contadini che già lavoravano queste terre in qualità di mezzadri e di braccianti giornalieri.
Con la riforma agraria tutte le terre prima invase dalla palude o abbandonate dai proprietari che non erano più in grado di gestire un latifondo, venivano dotate delle infrastrutture necessarie per realizzare la bonifica come, canali di drenaggio, pompe e sistemi di irrigazione, mentre i dislivelli delle terre venivano eliminati per “colmata”.
Così tutta la Maremma vede realizzarsi un nuovo assetto fondiario, con la conseguente assegnazione dei lotti con le case coloniche ai contadini che fino ad allora, per secoli, avevano sempre coltivato quelle terre senza mai poter riscattare la proprietà dei fondi da essi stessi coltivati. Con la riforma Agraria, ogni contadino diventa proprietario del lotto assegnatoli e della casa nella quale può vivere con la propria famiglia.
Adesso l’azienda alleva i cinghiali per consentire l’esercizio della caccia agli appassionati e coltiva la vite, mentre la maggior parte delle strutture abitative sono state trasformate in case e appartamenti da affittare ai turisti.
L’estensione dei terreni destinati alle piantagioni dei vitigni è di 26 ettari. Le vigne sono state piantate tra il 1988 ed il 2006 e sono tutte attualmente produttive. Sono presenti i vitigni Petit Verdot e Cabernet Sauvignon. I migliori acini vengono raccolti manualmente, mentre gli altri vengono raccolti con le macchine.
Con il responsabile della produzione, che ci ha gentilmente guidati attraverso le varie colture, abbiamo potuto osservare i vari tipi di vitigni e abbiamo potuto comprendere alcuni aspetti della viticoltura. Attraverso la sua straordinariamente chiara e competente spiegazione abbiamo potuto conoscere degli aspetti della viticoltura che prima ignoravamo. Per esempio quello sull’importanza dell’orientamento est-ovest, anziché nord-sud, delle vigne, al fine di prolungare l’esposizione delle piante alle ore di luce e al calore solare.
Si coltiva al modo francese che significa che il fusto delle vite si trova 50 cm sopra la terra, ma ci diceva che anche se va bene in Francia con tanti venti forti, non va bene qua. è meglio mettere i fusti e, quindi i grappoli, più alto perché è più facile raccogliere loro e le malattie delle vite vengono da sotto. Oltre, i vitigni sono circondati delle colline che impediscono i venti forti.
Ci ha anche in modo particolareggiato, esposto le regole per effettuare una potatura equilibrata ed efficace. Effettuare una corretta ed adeguata potatura della vite ha molteplici scopi. Ovviamente il primissimo obiettivo di ogni potatura e quindi in questo caso anche per quella della vite è quello di migliorare la produzione, tenendo presente i due aspetti fondamentali, quelli della qualità e qualità del prodotto. Effettuare la potatura della vite in modo corretto, dona alla pianta stessa una forma ben precisa, in grado di supportare meglio il carico della produzione e di riuscire a resistere ad eventuali problematiche.
Si svolgono due tipi di potatura in quest’azienda: secca e verde.
La prima si effettua durante l’inverno e la seconda in primavera o nell’inizio dell’estate.
Inoltre, si effettua un’altra operazione di adattamento della foggia funzionale al massimo benessere della pianta: “la sfogliatura!
La sfogliatura della vite è una pratica culturale diffusa da molto tempo, soprattutto nelle aree viticole più settentrionali. Essa consiste nell’eliminazione di foglie e/o femminelle dalla zona fruttifera e ha due obiettivi principali; il primo è quello di coadiuvare l’azione dei trattamenti anticrittogamici nel mantenimento della salute delle uve, il secondo è quello di aumentare l’esposizione dei grappoli alla luce per consentire un maggior accumulo dei composti dell’acino la cui sintesi sia stimolata. Poiché l’intervento è localizzato sulla fascia fruttifera una conseguenza estremamente importante della sfogliatura, a cui non sempre viene data la considerazione che merita, è la modificazione del micro-clima di questa zona della pianta.
Siccome nella parte boscata delle colline al di sopra dei vigneti vive una cospicua fauna selvatica come caprioli e cinghiali, tutti la zona è recintata.
Dopo aver visitato le piantagioni siamo stati introdotti alla cantina che attualmente si trova in un ampio edificio del 1900 che era stato costruito dalla famiglia Corsini per lo stoccaggio del grano.
Negli anni della riforma agraria questo edificio ha svolto la stessa funzione, ma la famiglia essendo legata storicamente e affettivamente a questi ambienti che hanno una estensione di 1.760 mq, ha deciso di prenderne in affitto una parte della superficie di 250 mq per destinarli alla propria cantina.
Come sempre accade, anche in questa cantina il vino viene portato a maturazione all’interno delle botti, ma il mosto e le vinacce degli acini provenienti da un vigneto sono tenuti rigorosamente separati dagli altri acini, avendo cura di mescolarli mai insieme..
Quando si aggiungono i lieviti al mosto, incomincia il processo di fermentazione con la trasformazione degli zuccheri in alcool.
La fermentazione produce l’anidride carbonica che sale verso la superficie, sollevando allo stesso tempo le vinacce che vanno a formare il cosiddetto cappello alla superficie del liquido. Inoltre, siccome produce un aumento della temperatura ed i lieviti non possono sopravvivere se questa supera 33-34°C, si interviene al momento opportuno attraverso il raffreddamento delle botti. Quest’attività viene fatta con l’acqua fredda che circola nei tubi disposti intorno ad un contenitore interno alle stesse botti e quindi, indirettamente, si effettua questo processo di raffreddamento avendo cura di mantenere la temperatura intorno ai 25°C che è l’ideale per i lieviti.
Qualche giorno dopo si effettua il rimontaggio attraverso il quale il mosto viene aspirato attraverso una pompa che dal basso aspira il vino verso la sommità della botte, viene filtrato dalle vinacce e poi rientrando in circolo all’interno della botte si crea l’ossigeno che favorisce il processo di fermentazione. Contemporaneamente il permanere delle vinacce all’interno della botte consente il rilascio delle sostanze in esse contenute nel mosto, il quale acquista così la colorazione ed assume tutte le caratteristiche che lo faranno diventare quel particolare tipo di vino.
Quando il processo di fermentazione si ferma perché tutti gli zuccheri sono stati trasformati in alcool, si fa la svinatura cioè, si separa il vino che si chiama “vino nuovo”, dalle vinacce, le quali, vengono sottoposte a torchiatura e il risultante vino che viene chiamato “vino di pressa” può essere mescolato con il vino nuovo per creare un blend. Comunque, ogni enologo decide l’uso del vino di pressa caso per caso.
Quest’azienda ha una ampia selezione di vini come è mostrato qua. Si tratta nella maggioranza dei casi di vini DOC e IGT.
All’interno del castello sono custoditi attrezzi da lavoro, documenti, finimenti di cavalli e varie attrezzature che raccontano tutta la storia del lavoro e della vita svoltasi in questi luoghi in questi ultimi secoli: un interessantissimo museo etnografico!