Nelle distese pianeggianti di Barega, in Comune di Carbonia, abbiamo rilevato la costante e diffusa presenza di gruppi e di singoli che hanno stabilito qui il loro centro di produzione, per meglio dire, è qui che profondono le loro energie produttive, il loro ingegno economico e la loro socialità, dispiegandoli in una molteplicità di direzioni: agricoltura, allevamento, agriturismo, trasformazione dei prodotti, vendita etc…
Una certa multi- direzionalità delle imprese agricole e una straordinaria vitalità sociale e organizzativa.
Questo è anche il caso di Antorio Cadeddu che, attingendo evidentemente alla storia familiare, alla vocazione e alle caratteristiche del territorio e alle tradizioni locali, ha impiantato una grande varietà di ortaggi in serra e a cielo aperto, dedicandosi anche all’allevamento. Possiede infatti un gregge di pecore.
Inoltre ha dedicato tutta la sua vita alla raccolta conservazione e catalogazione di un numero incredibile di attrezzi, oggetti e utensili utilizzati in passato per la coltivazione e per la trasformazione dei prodotti agricoli nonché per una serie indefinibile di attività artigianali tipiche della zona.
Ma la sua azienda è sicuramente anche un centro di ritrovo e di aggregazione sociale, un plesso vitale del tessuto umano di questo territorio.
Antonio ha un legame profondo con la sua terra, ma appare evidente che si sente molto attaccato al suo gregge. Si definisce pastore, più che agricoltore e sembra chiaro, dalle sue parole, che non si staccherà da nessuna delle due attività, ma soprattutto non pensa assolutamente di abbandonare i suoi animali.
A descriverlo così si potrebbe immaginare un uomo provato dal lavoro intenso e prolungato, da una vita in solitudine, un’immagine di uomo saldamente ancorato alle proprie convinzioni e concentrato solo sul lavoro. Sì, certo, il suo lavoro è pesante e duro, ma intorno a lui c’è un universo di amici e la sua socialità è solida e costruttiva. E’ un uomo felice e intelligentemente aperto ai contatti umani, molto originale nel suo modo di relazionarsi alle persone, come alle sue attività lavorative. Molto efficace, piacevole e quasi allegra la sua conversazione. Parla delle sue piantagioni in serra e a cielo aperto, sotto tunnel , e delle difficoltà che ha incontrato nella coltivazione dei fagiolini, per esempio, con una competenza ed una proprietà lessicale che stupisce.
Entriamo nella serra dove Antonio ha la coltura dei fagiolini. Ci spiega semplicemente che tutta questa piantagione non arriverà alla fase finale, ma sarà eliminata e che tutto il lavoro fatto è stato inutile. Tutto da rifare. Dovrà estirpare le piante, preparare di nuovo il suolo, risistemare l’impianto di irrigazione, e quindi rimettere a dimora, ad una ad una, le nuove piantine. Il problema che ha vanificato tutto il suo lavoro è stato il clima troppo caldo che ha prodotto un rapidissimo sviluppo dei ceppi nati dalla pianta madre. Quindi non è stato possibile procedere immediatamente alla cimatura dei rami che allungandosi esageratamente si sono ripiegati al suolo e si sono irrimediabilmente rovinati ingiallendo e perdendo vitalità.
Tutto questo non sembra minimamente turbarlo, si capisce che eventi del genere sono già stati messi in conto in questo lavoro e non c’è altro da fare se non accettare questi eventi, tanto imprevisti quanto frequenti , superandoli con decisione e prontezza: lavorando. Non c’è da stare troppo tempo a pensare, bisogna solo fare.
La sua azienda è molto estesa e ci sono diversi ettari di terreno chiusi in serre dove coltiva vari ortaggi, oltre ai fagiolini, ci sono tre piantagioni di pomodori di 3 tipi diversi: ciliegini, grappolato rosso, il pomodoro da insalata rotondo. Il pomodoro è una pianta che dà grosse soddisfazioni anche se bisogna tenerla costantemente sotto controllo, spiega Antonio, poiché in determinate condizioni ambientali e a seconda della varietà, è soggetta all’attacco di diversi tipi di malattie e parassiti.
Antonio parla con grande competenza e sicurezza delle caratteristiche delle singole piante delle sue piantagioni di fagiolini, pomodori, zucchine, zucche etc…La zucca è una pianta che si sviluppa anche a cielo aperto senza riportare danni di sorta, si tratta infatti, di una pianta molto resistente al calore, con un alto potenziale di assorbimento degli elementi nutritivi dal suolo, come azoto, fosforo e potassio. Spiega i diversi aspetti della vita delle piante e delle rispettive caratteristiche con dovizia di dettagli e con l’uso di una terminologia molto propria, anche rapportando i loro caratteri agli aspetti delle attenzioni necessarie nella profilassi e la cura di determinate patologie. L’attenzione ai parassiti e ai sintomi di eventuali patologie dev’essere continua perché per tutto l’arco della vita, la pianta può essere attaccata da insetti e può contrarre varie forme di malattia a carattere epidemico. Per questi motivi è di fondamentale importanza coltivare varietà di piante adatte al tipo di ambiente. Per esempio, per assicurarsi che le piante di pomodoro crescano sane è importante effettuare dei controlli sistematici su tutta la parte aerea, quindi soprattutto sulle foglie, per intervenire tempestivamente alla comparsa dei primi sintomi delle malattie ed evitare che le stesse si diffondano prima a quelle vicine e poi anche ad altre piante presenti nell’orto.
Ci spiega quali sono le principali patologie delle piante e puntualizza che l’unico modo di prevenire le malattie è l’assidua e protratta attenzione ai sintomi da effettuare durante tutto il periodo della loro vita.
Uno dei parassiti più frequenti è la “farfallina bianca” o Aleurodide . Gli aleurodidi sono insetti con un apparato succhiante e per questa ragione possono propagare anche virus e batteri.
Questi parassiti producono molta melata che riempie le foglie e su cui si possono sviluppare delle fumaggini. Altre sono poi le malattie fungine, la cui possibile precoce individuazione passa sempre attraverso un attento controllo delle foglie.
Sembra quasi che Antonio riservi alle piante le stesse cure che sicuramente presta ai suoi animali dai quali non si staccherà mai. E’ evidentemente un agricoltore- allevatore molto appassionato, ma è altrettanto manifesta la sua vena creativa.
Poco lontano dalle serre ha costruito una capanna di enormi dimensioni , secondo la tecnica antica adottata dai pastori, con pali di legno infissi al suolo sui quali si intrecciano le frasche e, a con gli stessi materiali e la stessa tecnica, la copertura consiste in una struttura di travi di legno ricoperte con frasche.
Ma all’interno troviamo la straordinaria raccolta di oggetti utilizzati nelle campagne per la coltivazione e la trasformazione dei prodotti e una infinità di utensili e oggetti che, fino agli anni ‘50/’60, venivano utilizzati in attività artigianali di ogni genere.
L’aroma del caffè riempie l’aria di questo speciale museo etnografico dove la moglie di Antonio ha già provveduto a preparare per noi e per tutti gli amici venuti a trovarli, la calda bevanda. Se ci lasciassimo trascinare dalla curiosità che ci assale, di osservare attrezzo per attrezzo, facendoci raccontare le rispettive utilizzazioni, da Antonio, o se ascoltassimo il nostro desiderio di farci prendere da questo clima di accoglienza e spontanea comunicazione, staremo dentro questa capanna per molte ore, ma dobbiamo andare e con rammarico salutiamo i due coniugi che continuano la loro conversazione circondati dagli amici.