Aziende agricole di Porto Ercole

by admin on 24/09/2018

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A Porto Ercole ho avuto l’opportunità di visitare diverse cantine in cui si producono vini bianchi e rossi.

Purtroppo, spesso, in passato non si avevano vitigni di qualità particolarmente pregiata in questa località e perciò, in molti casi, I contadini hanno preferito espiantarli. Comunque, ci sono ancora i vigneti e gli oliveti nelle colline sopra questo paese, che si alternano alle zone boscate creando una costellazione di colori e di alternanze paesaggistiche molto pittoresche.

Dopo essere saliti per vie ripide ed avere superato numerose antiche cantine che oggi sono chiuse, finalmente ne abbiamo trovato una aperta, quella di Miro. Miro è un uomo di 70 anni che ha ancora le vigne ed una cantina ancora funzionante sotto la sua stessa casa, dove vive con la famiglia. L’azienda, ora di sua proprietà, è stata fondata nel 1900 dal nonno che per tutta la vita aveva lavorato come muratore e, infine, si era costruito quella cas, scavandovi anche un pozzo per poter facilmente sopperire ai bisogni idrici della famiglia e delle colture, tra cui una vigna che orgogliosamente aveva voluto piantare e coltivare negli ultimi anni della sua vita.

Così Miro continua la tradizione familiare avviata dal nonno coltivando l’uva Ansonica e Sangiovese da cui ricava rispettivamente il vino bianco e quello rosso.

Siccome questa estate era molto calda, l’uva è arrivata precocemente alla maturazione, quindi la vendemmia era ormai finita quando noi siamo andati a visitare l’azienda. Comunque ci ha fatto visitare la sua cantina e ha aperto il rubinetto di una botte per farci assaggiare il vino che ancora non era arrivato alla sua completa maturazione.

Originariamente, c’erano altri tipi di vitignii in quest’area, ma, ci racconta Miro, nei secoli passati frequentemente arrivavano fin qui i pirati che tra scorrerie e guerre da corsa distruggevano tutto quello che trovavano, quindi anche I vitigni autoctoni via via sono andati perduti. Nonostante ciò gli abitanti locali sono pescatori e naviganti che, viaggiando per mare, e attraccando nei vari porti dell’Italia, finirono per scoprire, in Sicilia, un’uva particolarmente adatta a questo territorio: l’Ansonaca! Un’uva che si sviluppa anche in queste difficili condizioni climatiche, caratterizzate da periodi di siccità piuttosto lunghi e in aree battute dai venti ricchi di salsedine provenienti dal mare che circonda questo bellissimo promontorio.

Quest’azienda si chiama Ceciaro, ed è specializzata nella coltura, la raccolta e la trasformazione dell’uva e delle olive.

Fino a 60-70 anni fa, l’intervento dell’uomo sul territorio era naturalmente molto più marcato e interessava tutti I versanti della montagna e dei rilievi colllinari che formano il promontorio, a partire dalle zone più basse vicino al mare fino ad altitudini che consentono la coltivazione e la crescita di determinate colture.

Naturalmente c’era un sistema di agricoltura multiculturale e non limitata alla vite e all’ulivo, come si può incece oggi nei rari terrazzamenti ancora coltivati.

La coltura delle varie specie necessarie al sostentamento delle famiglie che spesso vivevano sul fondo come si può capire dai alcuni resti di antiche costruzioni e dai pochi casolari ancora abitati, poteva realizzarsi, data la pendenza dei territorio, solo attraverso la sistematica costruzione di terrazzamenti di cui oggi, in alcuni punti si possono ancora intravedere le tracce, ma nella maggior parte di essi, la macchia mediterranea ha riconquistato completamente il proprio spazio facendo scomparire la tipica fisonomia a gradoni presente su altri versanti collinari costieri ancora oggi coltivati.

La costruzione dei terrazzamenti richiedeva un lavoro sovrumano da parte dei contadini.

Come prima cosa era necessario estrarre, per mezzo di attrezzature manuali come erpici, zappe e picconi, le pietre dalle dimensioni adatte ad erigere i muri di sostegno dell’area pianeggiante che doveva servire ad impiantare una certa coltura; poi, dopo tutto questo lavoro inverosimile, di scavo, estrazione e posizionamento del pietrame necessario, si doveva costruire il muro di sostegno dello spessore e altezza richiesti dal volume di terra da contenere e da sorreggere. Necessariamente, il suolo coltivabile doveva essere preparato con l’aggiunta di terra di riporto che veniva trasportata dalle zone in cui abbondava e che andava poi arricchita con altre terre più ricche di minerali o letami che alla fine del trasporto, il riporto e il livellamento dovevano costituire l’humus adatto alle specifiche colture. Quindi il Sistema culturale doveva essere misto: ortaggi, viti, olivi, frutteti, cereali e legumi, o piuttosto foraggi per gli animali e altre specifiche piante che dovevano richiedere comunque la vicinanza di un pozzo atto ad assicurare l’acqua necessaria nei periodi di siccità.

Sfortunatamente, I muretti di sostegno dei terrazzamenti, oggi cadono da tutte le parti e tutto questo grande lavoro dell’uomo dei secoli scorsi è andato perduto o è completamente sepolto sotto la macchia, che ha rioccupato la sede originaria. Si può dire anche che, fortunatamente, d’altra parte, è stato restituito alla terra ciò che le era stato precedentemente tolto.

Ma è sempre molto importante osservare alcuni interessanti dettagli che ci mostrano quale fosse, solo qualche decennio fa, la cultura di queste comunità. Eravamo incuriositi dalla presenza di alcune pietre molto levigate che ancora oggi sono fissate nel muro vicino alla casa, dove il nonno di Mirio le aveva inserite e, chiedendo informazioni abbiamo saputo quale fosse stata la funzione di queste pietre: venivano usate per arrotare gli attrezzi da lavoro!

Il giorno dopo siamo andati a trovare un’altra delle storiche famiglie che ancora continuano nella tradizione contadina del territorio: la famiglia Giacomini, che ancora abita nel casolare costruito dai loro avi sulla cima di una delle tante colline che caratterizzano il territorio al di sopra del prezioso borgo medievale di Porto Ercole. Paese di pescatori e di contadini allo stesso tempo!

I Giacomini sono una coppia matura, ma ancora giovanile e vivamente interessata all’attività agricola: Grazia e Massimo.

Abita qui anche il loro cane che ci seguiva dappertutto mentre, accompagnati dai proprietari, facevamo la visita alla loro azienda e alla loro abitazione. Una tipica casa molto bella e ben esposta, contornata da diversi terrazzamenti costruiti alla fine dell‘800 dal trisavolo della signora Grazia. Originariamente, il territorio era attraversato da un torrente che con la forza della sua corrente consentiva il funzionamento di un mulino idrico usato per macinare il grano prodotto nei dintorni.

Come negli altri terreni che abbiamo visitato, anche qui abbiamo visto diversi terrazzi che avrebbero avuto bisogno di essere risistemati, dato che, un terreno fortemente in pendio è sempre soggetto a smottamenti e dilavamenti che contribuiscono allo slittamento delle masse di terra e al crollo dei muri.

Rimangono ancora, Invece, i terrazzi di cui la famiglia Giacomini ha cura: un orto ricco di verdure, piante aromatiche e erbe profumate; agrumi e altre piante da frutta.

  • basilico
  • peperoncino dolce
  • peperoncino pizzicante
  • cavolo bianco e nero
  • zucche
  • pomodori
  • finocchi
  • limoni
  • arancie
  • pesca
  • salvia
  • rosmarino
  • santo reggia http://www.agraria.org/coltivazionierbacee/aromatiche/santoreggiadomestica.htm
  • alloro

Il territorio non è molto esteso e I prodotti della coltivazione sono consumati dalla famiglia Giacomini e I loro ospiti.

Alla fine siamo saliti sopra per visitare la signora Emilia che è anziana e vive da sola dopo la morte di suo marito. Mentre ci avvicinavamo al casolare potevamo distinguere diversi vigneti i cui vitigni sono di ottima qualità, ma la signora Emilia non riesce più a fare il lavoro di manutenzione e cura che faceva il marito e quindi piano piano le piantagioni vengono abbandonate e si inselvatichiscono.

Come nella proprietà della famiglia Giacomini, anche qui era stato costruito un mulino idrico.

Fortunatamente, l’antico edificio adibito a mulino non è andato del tutto distrutto, infatti, è rimasto un possente arco che sorreggeva una grande cupola fornita di due fori attraverso i quali l’acqua del torrente penetrava e scorrendo con molta pressione faceva girare la macina del mulino. Nell’ampio ambiente interno ancora si conservano banchi e attrezzi per lavorare il legno e una grande sega appesa al muro; e ancora botti e bottiglie per imbottigliare il vino.

Un altro aspetto della trasformazione dell’antico assetto agrario e dell’architettura rurale di un tempo è il fenomeno di riconversione degli antichi casolari in ville per vacanze utilizzate dai proprietari o date in affitto nei periodi estivi a turisti di varia provenienza. Abbiamo visitato una di queste ville che è nata sulle ceneri di un’antica fattoria dove sui terrazzi però sono stati preservati almeno gli ulivi.

Naturalmente hanno colpito il nostro sguardo la sostituzione delle terrazze di terra coltivabile con terrazze destinate ad accogliere i lettini dove gli ospiti possono sdraiarsi al sole intorno alla piscina e prendere l’abbronzatura. L’acqua delle piscine viene tenuta nelle condizioni ottimali con l’uso di robot.

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