Presidio Slow Food “Zafferano di Sardegna” – Gavino Inconis

by admin on 03/10/2012

Slideshow Mapreference Website Facebook

Lo zafferano, una pianta nota ed apprezzata già dall’antichità, fino a giungere ai nostri giorni, della quale ho il sospetto che pochi ne conoscano le preziose virtù. Illustri persone come Alessando Magno e Cleopatra l’usavano, i greci e i romani lo coltivavano e lo utilizzavano per guarire tante malattie, per i profumi, le offerte votive, la cucina, la tintura dei tessuti, ecc. Dopo il crollo dell’impero romano scomparve e furono i Mori a reintrodurlo in Europa. Soprattutto dopo la peste nera, ci fu una grandissima domanda di zafferano, per via delle note proprietà medicinali di questa pianta. Nel frattempo anche altre spezie come il caffè, il tè, la cioccolata e la vaniglia cominciarono a diffondersi e la domanda di zafferano diminuì per cui la coltivazione venne limitata solo alle regioni dal clima temperato come la Spagna, l’Italia e la Grecia.

In realtà, lo zafferano è una spezia che deriva dalla pianta di Crocus sativus dove Crocus ha origine greca. Infatti, secondo la mitologia, lo zafferano nasce dall’amore di Krokos per la ninfa Smilax, che purtroppo era anche la favorita del dio Ermes il quale, per invidia, trasformò Krocos in un bulbo dal bellissimo fiore e Smilax, a causa del suo non ricambiato amore, fu trasformata in una vite.

In Sardegna, la coltivazione dello zafferano compare fra il VI e il IX secolo ad opera dei monaci di San Basilio che lo utilizzavano durante le celebrazioni per motivi liturgici. Da quel momento in poi lo zafferano divenne noto ed apprezzato in tutta l’isola. Si narra che  i monaci basiliani portarono lo zafferano a San Gavino Monreale nel medioevo ed è addirittura documentato, da un atto notarile del 1539, che un ciabattino barattò una quantità di zafferano con del pellame per farne un paio di scarpe. Infatti, è soprattutto a San Gavino Monreale che la coltivazione dello zafferano ha una forte espansione e quasi ogni famiglia lo coltiva.

La signora Chiara vive a San Gavino e ci ha gentilmente accolto in casa sua per parlarci della coltivazione di zafferano di cui lei va particolarmente orgogliosa. Siccome lo zafferano era per noi più o meno sconosciuto, ha cominciato con la storia.

Lei e suo marito, vengono entrambi da una famiglia di contadini per cui erano già abituati ad usare il terreno per la coltivazione. Pian piano hanno cominciato ad avvicinarsi all’associazione Slow Food in quanto molto vicina al loro modo di concepire e salvaguardare questo tipo di coltivazione. Inoltre, il paese dove abitano, San Gavino Monreale, era già la regione italiana con la più alta produzione e la più alta qualità di zafferano. La signora Chiara ci ha spiegato che anche sua suocera coltivava lo zafferano per il commercio e lo vendeva alle farmacie poiché veniva usato come antiinfiammatorio e antidolorifico. Quindi, quando hanno cominciato a vendere il proprio zafferano nel 2000, hanno continuato una tradizione familiare e oggi il loro intento non è più quello di portare avanti quest’attività per ricavarne guadagno, bensì di mantenere un patrimonio che è oramai insito nella loro cultura.

Adesso, solo 12 anni dopo, l’azienda della signora Chiara e di suo marito è una delle uniche quattro aziende di produttori che fanno parte del Presìdio Slow Food “Zafferano di San Gavino Monreale” poiché alla gente non interessa il discorso della DOP che implica analisi e controlli rigidi del prodotto. Infatti, bisogna osservare un disciplinare di produzione determinato dallo Slow Food ossia l’insieme di quelle regole a cui il produttore del prodotto certificato deve attenersi (come ad esempio il divieto di utilizzare concimi e diserbi), che definiscono le qualità garantite al consumatore che acquista il prodotto con tale certificazione.

In effetti lo zafferano oltre ad essere un prodotto di nicchia dalle molteplici proprietà salutistiche è anche la spezia più costosa presente sul mercato.

Per coltivare lo zafferano, si piantano i bulbi “rigorosamente selezionati” a settembre e si fa la raccolta da fine ottobre a fine novembre, ma la fioritura dura solo 15 giorni. La raccolta viene fatta manualmente e consiste nel tagliare il fiore sotto il calice, con l’unghia del pollice sull’indice. Siccome i fiori sono molto fragili, quest’operazione richiede tanta attenzione.

Dopo la raccolta, i fiori vengono portati in un laboratorio dove si fa la pulitura dei fiori chiamata anche la “mondatura”. Quest’operazione delicata consiste nel rimuovere gli stimmi rossi (vede la foto) manualmente e ci vuole tanta pazienza e alta destrezza per farla. Un’esperta pulitrice può pulire 5-600 fiori circa all’ora.

Gli stimmi vengono poi messi su una tavoletta e sottoposti all’essiccamento che dura circa tre ore, dopodiché lo zafferano viene conservato in barattoli ermetici di latta poiché la presenza dell’ossigeno ne degraderebbe la qualità. Dopo qualche mese viene effettuata una valutazione che determina la corretta conservazione degli stimmi dopo il processo di essiccamento. Tale controllo è molto importante e si basa sul monitoraggio dei parametri chimici che determinano la qualità dello zafferano. Quindi viene fatto un prelievo del prodotto, che viene analizzato per verificare che abbia raggiunto una certa fascia di valori e solo allora si confeziona con marchio DOP, in vasetti a tenuta ermetica, di vetro, da 0,5 g e va conservato in luogo buio e asciutto.

Alla celebrazione del prezioso zafferano è dedicata la tradizionale festa del paese che, non a caso, ha luogo a San Gavino Monreale, proprio durante il tempo di raccolta e preparazione dello zafferano.

La signora Chiara, suo marito e le altre persone di questo Presìdio, contribuiscono a mantenere viva una cultura tramandata di generazione in generazione, così conservando una tradizione antichissima.

Visite alle aziende e redazione degli articoli realizzati in collaborazione con la scuola Terramare.

Previous post:

Next post: